Le donne profughe: tra emancipazione e controllo sociale

Particolarmente precaria e marginale, anche in ragione di una minore forza contrattuale e della diffusione di pregiudizi e illazioni in merito al loro presunto contegno morale, appariva la condizione delle donne profughe.

Durante il profugato le donne assunsero, tuttavia, un inedito ruolo decisionale: in assenza dei mariti, le scelte più importanti, come il tipo di alloggio o la richiesta di un sussidio, erano delegate a loro, che dovettero farsi carico della sopravvivenza della famiglia.

Impiegate nei lavori agricoli, come domestiche o in laboratori per la confezione di indumenti civili e militari, esse dettero un contributo tutt’altro che trascurabile all’economia di guerra e al sistema produttivo delle località ospitanti, benché il loro collocamento al lavoro venisse spesso percepito come una forma di controllo sociale, atta a tenerle lontane dall’ozio e dalla prostituzione.

Cartolina pro profughi – marzo 1918 (Archivio storico Dott. Andrea Cattabiani, Parma)
Cartolina pro profughi – marzo 1918 (Archivio storico Dott. Andrea Cattabiani, Parma)