Nel parmense, in linea con la scelta adottata a livello nazionale, si decise di raccogliere i profughi in «insediamenti e raggruppamenti collettivi», le cosiddette colonie. Gli esuli vennero distribuiti sul territorio provinciale in base alle località di provenienza, così da creare comunità il più possibile omogenee al proprio interno.
La prima colonia a costituirsi nel gennaio del 1916 fu quella di “Villa Tonarelli” a San Lazzaro Parmense, la cui organizzazione interna rappresentò un valido modello anche per gli altri ricoveri collettivi che, nel corso dei mesi seguenti, sorsero in diverse località della provincia.
A partire dall’estate del 1916, le fonti attestano l’esistenza di due colonie anche nel territorio comunale di Cortile San Martino, l’una ubicata presso il locale Convento e l’altra in una palazzina denominata “Villa Savi”. Per la fine di quell’anno è, inoltre, accertato il funzionamento di altre due colonie istituite nella Bassa parmense, la prima a Fontevivo, nei saloni dell’ex Collegio dei nobili, e la seconda a Fontanellato, nella casa parrocchiale in località Priorato.
Fu, tuttavia, soltanto a partire dall’autunno del 1917, a seguito del sopraggiungere dal fronte di notizie allarmanti sull’andamento negativo delle operazioni militari e sull’imminente arrivo nelle province emiliano-romagnole di una nuova e molto più consistente ondata di esuli in fuga dalle terre invase, che la Prefettura si mobilitò per predisporre una più capillare rete di accoglienza, moltiplicando i gangli del sistema territoriale delle colonie. Vennero così, istituiti nuovi insediamenti collettivi a Salsomaggiore (presso il Sanatorio comunale), Sala Baganza (in frazione Talignano), Busseto e Zibello.
A Fontanelle, frazione del Comune di Roccabianca, un gruppo di profughi reclutati come operai dalla “Cooperativa carnica” vennero, invece, sistemati in alcune stanze della locale Casa dei socialisti, mentre singole famiglie o piccoli gruppi di profughi “isolati”, come li definiscono le fonti, trovarono asilo nei comuni di Collecchio, Soragna, Langhirano e Lesignano, oppure vennero inviati dalle autorità provinciali in alcuni centri della montagna, tra cui Compiano, Bedonia, Berceto e Borgotaro.
A seguito delle pressioni dei profughi per un riconoscimento delle proprie specificità territoriali, un decreto legge del 3 gennaio 1918 promosse in molti di questi centri la creazione di Patronati locali. Essi andarono ad affiancarsi al Comitato per l’assistenza immediata ai profughi di passaggio e al Comitato di preparazione civile, tra i cui compiti vi era quello di favorire il ricollocamento lavorativo degli esuli.
Altra forma previdenziale a beneficio degli sfollati era un sussidio che veniva vagliato dall’Alto Commissariato per i profughi e che venne sospeso a fine giugno 1918.
“Profughi in fuga”, illustrazione realizzata da Lorenzo Boccucci (Associazione L’Abc)