La fuga disordinata dal fronte di guerra e dalle terre invase significò, in molti casi, la divisione dei nuclei familiari. Nel trambusto del viaggio era facile perdersi di vista e, a quel punto, proseguire da soli, nella speranza di poter ritrovare i propri cari una volta giunti a destinazione. Spesso, tuttavia, ciò comportava la dispersione in colonie diverse, come pure numerose erano le famiglie profughe in cui uno o più membri erano stati fatti prigionieri degli austriaci o erano stati internati dal governo italiano perché sospettati di spionaggio o di sentimenti filo-austriaci.
Arrivati nelle colonie o trovata una sistemazione nei paesi ospitanti, una delle preoccupazioni principali degli esuli diveniva, dunque, quella di attivare le ricerche per riunirsi ai propri familiari. Sono, pertanto, assai frequenti gli appelli e le istanze di ricongiungimento inoltrati dai profughi agli organi preposti, come Patronati, Comitati di assistenza o l’Alto commissariato per i profughi di guerra, oppure inviati direttamente alla stampa locale, con il fine di ottenere per sé o per i parenti lontani il trasferimento presso altra destinazione e, con esso, la possibilità di riabbracciare finalmente i propri cari.
Istanza avanzata dalla profuga Elisabetta Canali al Comitato profughi di San Lazzaro Parmense – 22 febbraio 1916 (Archivio storico comunale di Parma)