La categoria di profughi che si trovò a subire i maggiori disagi fu quella dei bambini e dei minori non accompagnati, per i quali l’esperienza del profugato rappresentò un trauma dal punto di vista affettivo ed esistenziale. In alcuni casi i bambini, e non solo coloro che risultavano orfani o «dispersi», vennero collocati presso istituti d’infanzia, in modo da sollevare le famiglie dal loro mantenimento.
I più grandi, invece, furono costretti a lavorare.
La frequenza scolastica dei bambini profughi era, del resto, ostacolata da «gravi difficoltà», tra cui la mancanza di indumenti decorosi e di scarpe.
Fu anche per questo che essi, inizialmente inseriti nelle scuole comunali, in un secondo momento vennero concentrati in scuole a loro dedicate, «per ragioni patriottiche e didattiche, giacché la maggior parte dei bambini parlano e capiscono poco l’italiano».
Telegramma del prefetto di Parma al sindaco di San Lazzaro Parmense – 8 novembre 1916 (Archivio storico comunale di Parma)